Il Pensiero a Nazca


nazca
A Nazca, in Perù, si trovano certi strani disegni sul terreno che raffigurano forme di animali od astratte. Sono parecchio antichi, e furono realizzati semplicemente asportando i sassi che ricoprono la superficie in questione lungo il loro tracciato, così da evidenziare il più chiaro terreno sottostante. Hanno dimensioni enormi, di svariate centinaia di metri e perciò, cosa curiosa, sono visibili solo dall’alto.
Quanto dall’alto? Quanto basta: si sale si sale e si sale (in mongolfiera, per esempio) finché si dice: “toh, ecco là il disegno”, poi non c’è più bisogno di salire. Ecco come si possono vedere.
Il fatto che dall’altezza del suolo non si veda altro che una specie di sentierino, ha indotto alcuni tizi (alcuni miliardi) a tentare di convincere altri (così che l’altrui convinzione potesse tornare a rinforzare la loro) che i disegni erano stati fatti per essere visti da visitatori alieni.
La ragione potrebbe essere questa, in effetti, nel senso che se gli antichi peruviani credevano nei visitatori alieni, potrebbero aver fatto i disegni a quello scopo. Ma ciò ha convinto alcuni (sempre gli stessi) che dunque i visitatori alieni c’erano, e visitavano regolarmente il Perù precolombiano.
“I peruviani primitivi hanno fatto i disegni per essere visti dall’alto, ma chi poteva volare a quel tempo? Solo degli alieni; dunque gli alieni esistono” – questo è il processo mentale utilizzato dagli Alcuni; chiamiamolo qui, per comodità, pensiero a Nazca. Come si vede, è alieno dalla logica utilizzata da chiunque nella vita di tutti i giorni ed è lo stesso che – poniamo – porterebbe a ritenere prova dell’esistenza di Dio nei cieli, il fatto che quando uno accidentalmente si pesta un dito bestemmia e, solitamente, guarda pure in alto.
Ovviamente, non solo gli alieni potevano solcare il cielo del Perù, allora come oggi, ma anche gli uccelli. Allora come mai non si è pensato ad una razza di uccelli intelligentissimi che esistevano ai tempi del Perù e avevano a che fare con quei peruviani? Tantopiù che molti di quei disegni raffigurano appunto uccelli. Questi uccelli-scienziati si sarebbero poi estinti perché gli uomini, invidiosi – e ti pareva – della loro intelligenza li hanno attirati con l’inganno e il becchime e li hanno uccisi.
Questa storia ha quasi tutte le caratteristiche di una buona religione: è astrusa, coi suoi uccelli intelligenti, contiene lotte ed intrighi ed è contraddittoria, perché degli uccelli così in gamba non si sarebbero fatti infinocchiare da quattro stronzi sanguinari a culo nudo. E allora perché una storia così non ha attecchito?
Non ha attecchito perché non è bella quanto la storia dei visitatori alieni; voi chi scegliereste tra una fotomodella di vent’anni e la sciura Pinuccia? Ebbene, questa dei visitatori alieni è più sciarmante; ma non solo per il soggetto: anche a causa della mancanza di una conclusione: i visitatori alieni c’erano allora, e chi ci dice che non ci siano anche oggi? Esiste un aspetto progressivo in questa storia, che quindi la fa ancora vivibile.
Questo rende chiaro del cosa sono e perché esistono le religioni: perché sono storie belle che non si concludono. Le fiabe invece sì: vivono poi tutti felici e contenti e, dunque, se ne vanno lasciandoci soli. Fanculo. Gli alieni al contrario fanno finta di andarsene, ma poi ritornano, come il Redentore, che infatti comincia con re-. E vuoi mettere, poter sperare di rivedere Gandalf e tutto lo staff.
Però c’è un problema: bisogna dare alla storia la massima veridicità possibile, cioè la massima attinenza con ciò che nella vita pratica vediamo; questo dà più credito alla cosa e rassicura un po’ il nostro cervello che, poveretto, cerca di fare il suo lavoro e reagisce alle minchiate troppo di minchia mandandoci continui segnali di allarme pensiero incoerente. E come si fa a chetarlo?
Per esempio, chiappando degli scienziati e facendogli analizzare la Sindone, poi, quando quelli dicono che risale al XIV secolo D.C. perché l’analisi al carbonio-14 rivela così, dici: “ah, ma quella prova non vale perché due secoli dopo la chiesa si è bruciata e perciò il carbonio si è pasticciato su”.
Al che lo scienziato potrebbe dire: “no, un momento: la Chiesa sarà bruciata, ma un miracolo ha fatto sì che la prova al carbonio 14 funzioni lo stesso, e la sindone è del 1300”. Disgraziatamente, gli scienziati non sono mai così fantasiosi.
Se la prova non dà l’esito sperato, comunque, mai disperare: si prendono altri scienziati (insomma si cambiano quelli troppo scientifici) e gli si fa rifare la prova; dài e dài, prima o poi arriva lo scienziato assunto perché cugino di qualcuno, o quello anabattista mormone o che, e la Sindone risulta del 33 D.C., di Giovedì. Finalmente.
Così si è raggiunto uno scopo doppio: quello di dimostrare insieme che la scienza non è sufficientemente precisa, e che in ogni caso ha avvalorato la fiaba; pare contraddittorio, ma state attenti: è un risultato straordinario, perché:
1 – la scienza non è precisa, ma, per quel poco che può fare, mi ha dato pure ragione
2 – se mi ha dato anche torto, che volete farci: non è precisa!
3 – se la scienza non è precisa, mica vorrete credere solo alla scienza. E quindi parlo io.
4 – ultima ma importante, si può dire al quel rompipalle del proprio cervello: “ma cosa vuoi? Non vedi che sto pure a sentire gli scienziati?”
A Torino, fino pochi anni fa, viveva un tipo che si chiamava Gustavo Adolfo Rol ed era celebrato come un mago, un mago vero e proprio che faceva miracoli come un Cristo.
Da chi era celebrato? Dalle “celebrità”, ovvero registi (Fellini, artista sì, ma nel suo campo, come Maradona col pallone) capi di Stato (tipo renzi o berlusconi, capirai) e poi attori, industriali, vecchie contesse, insomma tutti i freaks (nell’originario senso Barnumiano) che la società riesce ad esprimere nei suoi continui periodi di febbre malarica.
Ma come mai era considerato un mago?
Perché faceva, rigorosamente a casa sua e solo per un pubblico di ospiti scelti da lui, giochi con le carte ed altri oggettini.
Allora perché non era considerato un prestigiatore?
A causa del pensiero a Nazca, cioè perché quella era una storia bella che non si concludeva: Rol diceva cose ispirate come “la scienza non può ancora analizzare lo spirito” e le celebrità, che non hanno mai letto Dante oppure lo hanno fatto solo perché si doveva, e sicuramente non sanno niente di Galileo oltre al nome, trovavano poetica e rivelatrice una frase così. Non sanno che è solo evocativa.
Evocativa di che? Evocativa e basta. Appunto. Il resto lo fa il pensiero a Nazca, quello sì onnipotente.

Sbadabrànghete (esercizi di stile)


Eccomi qua a raccontarlo, l’incontro col TIR; non poteva che esser solo rimandato, me lo figuro, il TIR, in attesa guardando l’orologio, tamburellando i diti sull’asfalto e facendo gesti d’impazienza; col fiatone, sono arrivato: è un po’ tardi lo so scusa eccomi, sbadabranghete. Per orgoglio, posso dire che era un gran bel TIR. Portava mangimi. Mangimi di prima qualità. Aveva una grande scritta sulla fiancata, rossa su fondo bianco e, da terra, mentre lui procedeva maestosamente sulla mia moto, ne ho potuto ammirare la perfezione grafica, il grande risalto cromatico, l’ottima scelta stilistica. Il rombo del motore era pieno e senza battimenti d’ingranaggi; la risposta all’accelerazione, pronta e sicura; la cabina alta e ben modellata, con la vetreria apposta rastremata perché il conducente non avesse a rischio di vedere qualcosa, sotto il tergicristallo. Le cromature lucevano come raggi di sole d’agosto ed io, azzoppato, m’incantavo nei riflessi, commuovendomi al pensiero di quel gigante lustro, certo da mani amorevoli quotidianamente spolverato. Poi il petto mi si gonfiava di fierezza al pensiero che non da un camionaccio zingaro e farcito di letame, droga e zebre di contrabbando ero stato spiaccicato, ma da un grande e nobile carro da viaggio sterminato. Sterminato dunque, dal selciato forzai un braccio e con l’ultime forze, militarmente, salutai. Poi:

ELEGIACA
Tornavo su Sùzzuki al nido
M’invèstero, dissi: “porcòno”
Percossi l’asfalto con strido
Invece che corrervi a tuono

Portavo nel bàule un notbùk
Ch’avevo neanche dervìto
Appena comprato nel Sùk
(Mercato trovato in un sito)

Si Rùppese? Nònsi ‘azziaddèo
Ruppémesi ‘a moto, peraltro,
Un péde acciaccòssi (era ‘l meo)
Fu tutto. Parliamone, d’altro.

BERGAMASCO, O QUASI
‘Hìga, ta me vegne’t ‘nde’ ‘l cü?? ‘Cudìghel, te vede’t no ca sùn chi, ‘ndu è l’ chi ta vàrdet, tarèl da l’òsti! Ta sèt no ca ta pudevet cupàmm?! Nèm, tìra föra i docümènt: dès ta pàghe’t dìs miliù par mi e vìnt par la muturett, o rembambì d’on rembambì!!!

MEDICO
In posizione accovacciata su un supporto in equilibrio dinamico, l’arto inferiore destro addotto e flesso ed il sinistro abdotto con il metatarso a fare perno sul suolo, subivo un urto da direzione postero laterale sinistra, tale da causare proiezione sul selciato, raggiunto, nell’ordine, da: avambraccio, articolazione omero-clavicolare, cresta iliaca e gluteo destri e auricchio. Destro. Riportatomi in posizione ortogonale, sintomatologicamente avvertivo dolore trafittivo al metatarso destro, mentre all’esame obbiettivo potevo riscontrare distensione del tendine d’Achille, contusione dell’epicondilo, distorsione dell’articolazione astragalo metatarsale ed un ipertrofismo delle masse muscolari glutee, non essendo deceduto per arrotamento e schiacciamento sotto il TIR. Ma che culo! Su Rieducational Channel.

IN ATTO UNICO
Io: – bruuuummm…
TIR: – vovovovovo…
Io: – brùmme brùmme brùmme brùmme… rattle rattle…
TIR: – voooOOOO… -SBRANGHETE!
Io: – ‘crament d’un sacramént!…
TIR: – calamascüsa.
(sipario)

TEMA DELLE ELEMENTARI
Ieri il mio papà è andando in moto che a fatto l’incidente. Lui era in moto e il camion era in camion, il mio papà è forte ma però il camion gli a fatto una mossa speciale che il mio papà è caduto.
Testa di cazzo, gli a detto il mio papà.

TESI DI LAUREA
(ndt) pardon, non mi ho laureato

RELAZIONE INTERSPECIFICA
Squiit squiit! Grooowwll… Uàf! Mmmeeeooo!… cirp, cirp! Ma va? Oink! Chicchirichììì!… Ih-òòòhhh!… Ih-òòòhhh?… Ih-òòòhhh!! Da non credere!

IN RUSSO
Sulla rotonda di Piazza Sempreverde, allo sbocco di Via Caducifoglie, un TIR che avevo arréto improvvisamente mi sparava a drive di golf mentre ero fermo. Come è potuto succèdere? Il TIR, sappiate, cari alunni, ha un angolo morto proprio lì e con quell’angolo morto ci ammàzza la gente; io l’ho sfangàta perché c’ho culo e perché c’è San Crisostomo, come scoprirete più avanti. Allora com’è finita? Mah, un po’ di male al piede e un bel po’ di moto rotta; meglio che il contrario, no? Saluti e scongiuri.

(complimenti, vedo che conoscete il russo)

MEDIASET
Una manovra scorretta, proditoria, criminale e volutamente pericolosa ha causato un improvviso urto dalla solita sinistra in corsia estremista verso il tranquillo centrodestra, come al solito in posizione assolutamente regolare; solo il senso di responsabilità della nostra parte ha evitato il verificarsi della fine del Mondo. I nostri difensori hanno già intrapreso ogni azione contro questo complotto eversivo contro Berlusconi (così, per abitudine). Cittadini! Non molleremo finché queste élites in camions non saranno ribaltate! Aderite alla protesta con tutti i mezzi, anche l’atomica, vah.

GRILLO
Vaffanculo! Ma vaffanculo! E vaffanculo! E… indovina? Vaffanculo! Ohhh, come mi sento meglio!

TELEFONICA
Pronto? Pronto?… io!… in terra!… e sì, m’han tirato sotto!… eh?… ma no, uno stronzo che… eh?… sì sì, no no… ma sì… ma no… ma certo… eee… ee… ma… s… c… ce… ce l’ho ce l’ho!… sì sì… ma… ma… guarda… e ceerto, e ceerto! Che… no… no… noo… ma se ti dico che ce l’ho!… eh, chiama piuttosto… sì, chiama piuttosto… eeecco! eeecco!… no, ma chiama piuttosto… sì… sì… lo so… ma chiama piuttosto… va bene, va bene… va bene, va bene… va be… sì… sì… sì… essì, essì… chia… chiama piuttosto… eh?… va be’, va be’, senti, chiama piuttosto… ho capito… sì… e tu chiama piuttosto… esaatto… esaaatto… esaaaaatto… eh!… eh!… eh! Sì, sì, sì… chiama piuttosto… vabbè, vabbè… comunque chiama piuttost… eh? pronto?… pronto?… proontoo! Cellulari di merda!

RAP
Menandàvo sulla stràda e non ti cagavo il càazzo
Eh ma tu mangi la biàda, te la fumi e rompi il càazzo
Fai la curva e poi che càazzo, poi che càazzo, ma che càazzo, càzzo rap di rap e càazzo

Eh ma allora sei fumato, ‘cazzo poi ti sei sparato
Ciai le ruote di tre metri e con quelle rompi il càazzo
Io passavo coi miei cazzi, ma ‘te non t’ho rotto il càazzo
M’hai sdraiato, sei fumato, ma che càazzo, ma che càazzo, càzzo rap di rap e càazzo.

RACCONTATO DALLA NONNA
Ehh, ma il Maario… il Maaario… oddioddiod’unsignuur, io l’ho sempre detto, eh: la moto l’è pericolosa! Lui era lì, c’era la strada, sulla strada quelli… com’è che si chiamino… i tir, i tir si chiamino? I tir, eh; benappunto, non passa un tir (pausa, mani giunte) bam… me lo tira sotto (pausa, labbra strette). O che spavento, che spavento… quando me l’hanno raccontata… o mariavergine… oddio dio santissimo eh!… fortuuna… fortuuuna che qualcuno gli ha tenuto una mano sulla testa, san Crisostomo, che lo raccomando sempre, sempre, io, eh, è il mio santo… san Crisostomo ha fatto un miracolo, un miracolo guarda; perché se non era per lui (accenno vago in alto), un tir! (desolata): Me lo schiacciava…

RACCONTATO DALLA MIA NONNA
Gl’ha mica dato un colpo, ‘na botta; paf, l’ha buttato ‘n terra co’ tutta la moto! E stava lì, esto grullo, che gl’ho detto: “o grullo, o che fai costì ‘n terra? Se tu se’ morto e pazienza, ma si tu ‘un se’ morto lèvete, che tu ‘mpicci ‘l tràffico!” e s’è levàto e ‘n andava via zoppicòni, che gl’ho detto: “o stai bello ritto!”

IL GIORNALE CITTADINO
Questa mattina. Alle ore 18:30 in Via della Passera d’Oro angolo: Largo Staceppa un TIR condotto da, Guido Malamente, di professione: conducente: procedente: da Corso Medaglie D’oro Agli Alpini Della Divisione Pasubio Per La Battaglia Dell’Amiata Vinta Peraltro Dal Nemico. Investiva Alfio Balestroni: 480 anni, commerciante di bidoni, il quale, a bordo, di: una, motocicletta, Siuzyuchi 65.000 ABS, stazionava sotto la rotonda fermo sulla moto con la moto in moto. Nell’urto; il Balestrazzi cadeva a terra insieme alla moto-al computer di bordo e al telefono: che riportava la sensazione di contusione al piede. La motocicletta riportava graffi ed escoriazioni su, tutta la carrozzeria. Il conducente del mezzo investitore; si fermava e portava i primi soccorsi alla moto e al ferito che camminavano bestemmiando sul posto sono immediatamente a corsi i: mezzi della Polizia Investigativa Locale, senza redarre un verbale. L’incidente si è risolutamente risolto senza feriti tranne i danni. Grazie a: San Crisostomo.

MARY POPPINS
Ragazzi, ragazzi, vi siete divertiti a fare l’incidente e va bene, ma adesso ohòp (batte le mani), méttere tutto in ordine, oplà! E, se lo fate bene e velocemente poi, forse, potrete avere, chissà, lo zucchero filato! Angiolino: tirati su da terra che ti sporchi tutte le ginocchia come uno spazzacamino! Allora: un due tre cantiamo insieme: “Supercalifragilisticespiralidoso…” chi ha detto inculassòreta?

MONTANA
A Bergamo bassa, tra moto e tramvài
C’è sempre qualcuno che còmbina guai
Stavolta era un TIR, che, guido e non guardo,
Si mette di mezzo più lungo che largo
O largo che lungo, e mi picchia il sedere
Pardon: è per far rima con… …Messaggeereee…

Ormai son le sei, le sei della sera
Chi vien dai cantieri, chi è stato in miniera,
Chi dalle ferriere, chi dalla catena
Ma tutti la minchia ce l’hanno ben piena
La fila non corre, c’è un incidientiere
Sarebbe “incidente”, mannaggia la rima con… …Messaggeereee…

UMBERTO ECO
Sfogliando un incunabolo che il Franz Französo attribuisce a Juan Huerpa Sella de Sevilla e ritrovato nel 1812 da Weirmann-Armé nella libreria di un antiquario ebreo a Gottinga, ho trovato i versi in eptasillabi, che vi traduco, a un dipresso: “Joar, neveente staagh kuthf kuht smouytgb frafc, gyrc gytrc, weweente jiiil qyhbdsyhaallo perreerepreepee”.
“Joar, l’ora tarda e lo sterco ottundono il senso delle cose, tutto cede sotto l’ègida della santa parola qualsiasi, cos’altro dire se non perepeppee?”
Il volume è rilegato in-folio secondo l’uso secentesco dei Certosini praghesi, come sostiene il Wuibrandt, ma presenta alcune particolarità: intanto, la cartapecora è cerata sicuramente a Parma, dove dal 1586 al 1621 aveva famosa bottega Juvanni da Sacroinverno, l’artista rilegatore che utilizzava i crètoni brètoni e le mammues che crescono solo sull’altipiano di Rodi per galare le pelli, poi la costolatura è realizzata in pezzo unico, tecnica sconosciuta agli artigiani magiari fino al 1596. Inoltre la discesa di Carlo il Grande a Magonza e la disfatta delle armate della Lega Anseatica a Reopoli avevano tagliato al Ducato di Bamberga i rifornimenti del famoso “Mereum”, ma il Sultano del Brunei optava nello stesso tempo per una riunificazione della Calcedonia all’Impero, come ci ricorda dall’Università di Sofia il Dahomey. Cosa comporta dunque per noi, oggi, la revisione dell’opera del Rahminjam? Come sostiene Murray Sahib, non conoscendo nulla di Ramòn, possiamo solo fare alcune ipotesi… come dite? Ah, l’incidente? Di incidente parla per la prima volta un manoscritto del monaco agostiniense Discovaldo da Remimbrione…

Chi è fariseo?


 Le prime righe sono paro paro dal Vangelo, parte di un libro feroce. I razzisti americani, per esempio, si giustificano citando – a ragione – la Genesi, ma ovunque si apra questo benedetto totem son sangue, maledizioni ed impropèri. Anche Cristo aveva il suo caratteraccio, d’altronde, pur se nella sua confutazione qui dimostra di aver qualche ragione, poveretto. Qualche ragione, però; non tutte. E’ sempre così, la vita.

Gesù scaccia

-Guai a voi, Farisei ipocriti, serpenti, razza di vipere, come sfuggirete al castigo della Geenna? Verrà su di voi tutto il sangue innocente sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele a quello di Zaccaria figlio di Balachia, che tutti quanti conosciamo; siete come sepolcri imbiancati, all’esterno belli a vedersi e dentro pieni di ogni putredine, guai a voi!…
-Ma con chi ce l’hai, Rabbi?
-Coi quelli lì, li vedi? I Farisei – (grida) – serpenti! Razza di vipere! Facce di merda! In verità, in verità vi dico: verrà un giorno…
-Rabbi…
(scalmanato) Verrà un giorno che i figli dei vostri figli, figliando, diranno: “ah, non avessero dovuto essendo!” e i loro occhi lacrimeranno, ed il loro cuore sanguinerà, e il terzo molare dolerà, e quant’è vero Dio, neanche Ippocrate di Samo…
-Di Samo? Rabbi, calmati, Rabbi, stammi a sentire, te ne prego, Rabbi, guardami…
(confuso)…Eh?
-Vieni, siediamoci un momento qua, che c’è l’ombra.
-Sì. Mi duole un po’ la testa.
-E lo credo. Tieni.
-Che cos’è?
-Un poco d’acqua. Fa già caldo per questa stagione; però sanno uscendo dei bei datteri.
(assente) Bei datteri.
-Sì. (pausa) Come ti senti?
-Meglio… di cosa si stava parlando?
-Di datteri, però volevo dirti un’altra cosa, Rabbi, se il tuo cuore è aperto alla parola.
-Aperto? Ma sicuro; sono pieno d’amore, io;(crescendo iroso) gli unici che mi stan sul culo sono…
(lo interrompe) Ecco apposta, Rabbi, proprio di ciò volevo dirti. Tu sei il faro che illumina la via dell’amore per il prossimo nostro
-Giusto.
-Tu prometti il perdono e la salvezza anche a coloro che han commesso i peggiori delitti, a coloro che tutta la comunità disprezzerebbe fino a bandirli, con la morte, da questo mondo…
(crescendo di rabbia) Eccome! O belve ignare! L’amore è perdono! Chi di noi è abbastanza puro da poter lapidare l’altro? Ma come si fa a non capirlo? Bisogna essere delle teste di minchia assatanate piene di sterco di maiale putrido, buone solo per la Geenna nella quale un giorno scatafonderemo Satana ed i suoi seguaci! Porci, schifosi, sepolcri fetenti, bastardi, infami! Ahrrr… ahrr!… (ringhia)
-Rabbi, aspetta, guarda di qua… ecco vedi: tu sei una guida…
(secco, improvviso) La guida per la salvezza!
-Sì, ed anche una guida per questo mondo e soprattutto per la vita di questa comunità; la tua parola d’amore apre una speranza di poter migliorare il nostro spirito e, con lo spirito, la nostra vita insieme. Tu sei l’unico ad aver detto “ama il tuo nemico”…
-Qualcosa del genere, sì, l’ho detto.
-L’hai detto, l’hai detto; ed è una splendida esortazione che si sposa con le frasi: “siamo tutti figli di Dio” e “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”; queste tue parole sono illuminanti di un nuovo schema di pensiero che accoglie tutti i nostri simili in una famiglia unica di uomini, dove anche i peccatori si redimono, soggiogati da questa accoglienza onnicomprensiva.
-Eh già.
-Ecco. E dunque siamo tutti fratelli, Maccabei e Sadducei, Zeloti e Corinzi, Cananei e Moabiti…
-Stai facendo un po’ di casino con le etnìe e i credi, ma vabbè; siamo tutti fratelli, lo so, l’ho detto io! (crescendo) Per quanto i Sadducei siano una sentina di sterco di capra marcio impestato di cavallette, e se lo meritano, quella setta di stronzi senza Dio che devono morire scamazzati; (grida) Sadducei di merda!
-Senti, Rabbi; ho un amico sadduceo…
-Peggio per te.
-…Che è una gran brava persona; rispetta la legge ed ama il suo prossimo; ha perfino messo a riposo l’asino che gli faceva girare la macina, quando s’è accorto che quel povero animale era diventato troppo vecchio per lavorare, e così ora quell’asino vive i suoi ultimi giorni libero di brucare tutti i cardi dell’orto e raglia in saluto al suo padrone quando lo vede passare, e costui gli grida e gli sorride in rimando, né gli fa mancare l’acqua del pozzo.
-Ah sì? Embè?
-…Era un esempio, Rabbi, d’un sadduceo giusto; e di questi giusti ogni popolo ne conta alcuni.
-Vabbè, ci sono i giusti; bella scoperta.
-Però, come tu hai detto, ognuno di noi è unico ed irripetibile ed ugualmente importante agli occhi di Dio.
(sbadiglia) Va bene, ho detto anche questo, ne dico talmente tante.
-E soprattutto, ognuno di noi è responsabile delle proprie azioni, le ragioni delle quali, comunque, insieme alla connaturata debolezza della razza umana, lo rendono degno del perdono di Dio e, conseguentemente, della comprensione amorevole di noi tutti.
(distratto) Mh.
-E’ quindi pericoloso accorpare in un insieme omogeneo ciò che è composto di singoli distinti; beatificando o condannando gli insiemi si rischia di beatificare alcuni condannabili o di condannare dei commendevoli frammisti al gruppo; dove finirebbe la giustizia? E il perdono? Ti esorto, Rabbi, a mitigare le tue parole contro i gruppi e, per converso, a rivolgerti con ferma pazienza solo ai singoli.
-Ma… tu lo sai quanti singoli ci sono? Io c’ho solo trentatré anni per far tutto, ragazzo
-E capisco, ma così facciamo confusione alimentando l’odio contro i popoli e provochiamo le guerre! Devi trovare un altro sistema, Rabbi!
-Ma tu senti questo. (cenno) E’ arrivato lui. (conta sulle dita) Ieri ho guarito uno storpio, salvato dalla lapidazione una meretrice, redento un ricco mercante che ora – grazie a me – è un povero pezzente, cambiato l’acqua in vino, fatto mangiare una turba che non ne hai l’idea con quattro pescetti, camminato sulle onde senza manco uno schizzo, mandato a cagare Satana in persona e tu stai a farmi le pulci per qualche invettiva, peraltro ben motivata direi? Ma guarda, bello, che anch’io sono un uomo e ogni tanto c’ho anche un po’ bisogno di dar fuori, sennò scoppio, sai? E se scoppio io faccio un bel botto, te l’assicuro. Te e quell’asino del tuo amico sadduceo la fate facile: bello far filosofia mentre il sottocristo qui fa il lavoro sporco; vàcci tu nel sinedrio a dar torto a Caifa, vedi un po’ che ti dice. Io porto la parola, caro coso, ma poi siete voi ad applicarla, chiaro? E in verità, in verità ti dico che devi amare il tuo prossimo, perdonare chi ti reca danno, aiutare i bisognosi, non giudicare se non vuoi essere giudicato e non rompere le palle a me. Ti saluto. (si allontana)
-Rabbi, ti prego, i tuoi seguaci si faranno esempio delle tue parole di condanna per condannare e giudicare indiscriminatamente, malgrado i buoni precetti!… Così non finirà mai!
-Dio è eterno, infatti. (grida) Filistei del cazzo!

Uomini contro per


Oggi mi do alle segnalazioni; la segnalazione, fatta da me, di un libro, mi convince della sua perfetta inutilità; ma la parte comica del caso – in linea con il blog – è proprio questa: la scrivo giusto pensando che non se la leggerà nessuno. E la doppia negazione, è voluta.

Ricordandoci della memoria, proviamo a leggere: Sebastian Haffner – Storia di un tedesco –  Garzanti

Sebastian Haffner nasce come “Raimund Pretzel” nel 1907 a Berlino e scrive la sua Storia di un tedesco nel 1937, in pieno Nazismo dunque, e prima della guerra. Si cambierà nome una volta scelto l’esilio insieme alla sua fidanzata ebrea, per proteggere la famiglia d’origine, rimasta in Germania. Perché la storia di “un” tedesco dovrebbe essere interessante?  Perché è scritta durante La Storia e perché – come dice l’autore – se si provano a confrontare due date importanti della Storia tedesca, come: “1890: Guglielmo II licenzia Bismarck” e “1933: Hindemburg incarica Hitler”, è comprensibile (anche per un italiano del 2000) quanto la prima non abbia provocato rivolgimenti nella vita del privato cittadino dell’epoca, mentre la seconda sì. E Sebastian Haffner è un privato cittadino; stiamolo dunque a sentire. Non è questa l’unica ragione, però: l’autore è un uomo colto, profondo e brillante, con un gran senso della Storia e della psicologia delle masse; le sue considerazioni sono grandemente interessanti. Il signor Haffner è un tedesco D.O.C., un “ariano” patentato, eppure si ritrova ad essere un oppositore del Nazismo; perché? Forse il Regime gli aveva fatto qualcosa? Ebbene sì: Al Signor Haffner, il Nazismo aveva fatto schifo; non vi si riconosceva.

E’ tanto importante, è fondamentale, per affezionarsi a qualcosa, riconoscervi una parte di sé; si pensi agli sfegatati degli stadi: probabilmente essi riconoscono nel pallone la forma, il contenuto e la funzione della propria testa. Ci si può dunque affezionare a qualsiasi cosa, se vi si trova parte di noi. Non voglio tediare nessuno con una vera recensione, e poi non mi hanno pagato per farlo, e poi avrei sicuramente chiesto di più e mi avrebbero fatto problemi, e ci sarebbero state un mucchio di discussioni, e io avrei detto “lei non sa chi sono io” e mi avrebbero risposto “infatti non lo so”, e io sarei diventato triste e insomma: una cosa antipatica, e allora mi limito ad una segnalazione, che del pari nessuno mi ha chiesto, ma adesso diventa un puntiglio, porco boia.

Ecco fatto. Comunque, il Signor Haffner non fu l’unico tedesco a provare una viscerale antipatia per il regime nazista; altri suoi connazionali condivisero questo sentimento ed alcuni addirittura si adoperarono molto praticamente per porre rimedio alla volontà del Fato. Sappiamo che il Fato s’impose comunque. Ma fece una brutta figura, al contrario di cittadini tedeschi come i seguenti:

Johann Georg Esler fu uno degli attentatori più commoventemente sfigati della Storia; allo scopo di far fuori l’odiato Hitler lavorò due mesi, intrufolandosi nottetempo, come un ladro, nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco – dove era programmato un comizio del Führer – per scavare nel pilastro alle spalle del palco una nicchia ove piazzare una bomba. Herr Esler lavora preciso, indefesso, metodico ed efficace come sua natura comanda; ogni notte egli scava un pezzettino di pilastro, poi rimette tutto in ordine prima della apertura mattutina del locale; tanto bene fa, che nessuno si accorge come dietro il palco manchi ormai mezzo pilastro, ed ogni sera lo scrupoloso attentatore torna di soppiatto a riprendere pazientemente l’opera. Quando finalmente la nicchia è abbastanza grande, il Signor Esler vi colloca una precisissima bomba a tempo tutta per Hitler, che è del pari un tipo preciso. L’8 Novembre del 1939 è il giorno del comizio: Hitler arriva come previsto e si piazza proprio davanti al pilastro minato; parla e parla tra gli applausi scomposti degli assatanati là sotto. E la bomba che fa, non scoppia? Ma scherziamo: la bomba scoppia come si deve e – manco a dirlo – esattamente in orario, sbriciolando il palco e provocando otto morti e settanta feriti. Ma Hitler rimane incolume. Com’è possibile? Nell’unica volta della sua maledetta vita, il Führer non era stato preciso: aveva terminato prima del previsto e se n’era andato da qualche minuto. Che razza (è il caso di dirlo) di comportamento, per un tedesco! Ed a voler essere inflessibili, questo è in effetti un piccolo neo nell’altrimenti ineccepibile cura che Hitler aveva dei particolari. Ma egli rimediò subito col trattamento riservato a Johann Esler, che fu accuratamente decapitato.

Esler

Signor Esler, grazie per averci provato

Albert Richter era un atleta ciclista, un campione sportivo in un tempo nel quale i primati nello sport venivano considerati prova della superiorità razziale; bello, biondo e ceruleo come si voleva, Richter era un perfetto ariano ed un grande fuoriclasse del ciclismo, quasi imbattibile. Il Regime stravedeva per lui. Ma non lui per il Regime; Richter non indossava la maglietta con la svastica, bensì quella con l’aquila nazionale; non salutava a braccio teso; non diceva “heil Hitler”. Far così, in quel tempo, era molto pericoloso; fosse stato un comune cittadino, Richter avrebbe più volte rischiato la pelle in una saletta d’interrogatorio della polizia politica, ma uno sportivo vittorioso come lui aveva qualche franchigia. Che crollò miseramente il giorno in cui la Gestapo lo fermò su un treno per la Svizzera, dove egli viaggiava trasportando una grossa somma in denaro che alcuni suoi amici ebrei gli avevano affidato perché la mettesse in salvo in zona franca. Si scoprì dunque che Richter, oltre che far le smorfie brutte ai nazisti, aiutava pure gli ebrei. Ah be’, ma allora. Carcerato, fu accoppato lì per lì, date le prove schiaccianti del suo crimine di eccessiva umanità.

Richter

Dopo la gara, tutti a braccio teso, e Albert no: piuttosto si tiene bene stretta una coscia

Sophie ed Hans Scholl, Willi Graf, i primi due erano fratelli, ventenni, studenti universitari che ce l’avevano col Nazismo; d’altra parte pure il loro papà non poteva soffrire Hitler ed il Regime ed aveva scontato questo suo buongusto con un bel po’ di carcere e di sberle; si trattava insomma di una cosa di famiglia; accadeva cioè talvolta perfino ai tedeschi di quegli anni, l’avere un genoma con tratti umani. I due ragazzi, insieme con alcuni compagni (tra cui Willi Graf, un giovanissimo ma già recidivo e inflessibile avversario del Nazismo) ed un professore di Diritto, fondarono un gruppo che chiamarono La rosa bianca, predicando nientemeno che la “resistenza passiva” al Regime, ovvero – cosa quasi comica in quel periodo – la non-violenza. Per questo motivo, per il fatto di essere irriducibilmente non-violenti e malgrado le torture di non volersene pentire, i tre furono uccisi per mezzo della decapitazione, che è sufficientemente violenta da riequilibrare lo sbilanciamento di senso comune che la loro bizzarra teoria aveva portato in quel 1943, in Germania.

Rosa 1 Rosa 2 Rosa 3

Il coraggio non ti fa la faccia da eroe, ma, quando c’è, c’è.

Il conte Klaus Schenk Von Stauffemberg, colonnello della Wehrmacht, era parte di un gruppo di alti ufficiali ed eminenti cittadini tedeschi (sentite che nomi: “Ervin Von Witzleben”, “Helmut James Graf von Moltke”, “Fabian von Schlabrendorff”, “Ulrich Wilhelm von Schwerin von Schwanenfeld” – roba grossa) che organizzarono una congiura omicida ai danni del Führer. Von Stauffemberg fu il prescelto per depositare, nella stanza ove Hitler teneva una riunione con alcuni suoi ufficiali, una bella bomba che facesse finalmente il capo del Nazismo in tante innocue parti. Il colonnello era un giovane deciso ed un valoroso militare di antica nobiltà, ma aveva perso in battaglia un occhio, l’uso di un braccio e due dita dell’altra mano. Qualcuno potrebbe dire: “ma non ce l’avevate uno tutto intero, per fare un attentato decente?” – ebbene, che domande; evidentemente: no.  Essendo stata anticipata all’improvviso quella cacchio di riunione, l’attentatore un po’ ostiato fu preso in contropiede dalla notizia e febbrilmente si eclissò, zoppicon zoppicòni, per armare l’esplosivo, ma, nella fretta e con tutti i suoi handicap (gli cascava la spoletta dal lato orbo e non la trovava più, cercava di prendere il cavo, ma quello stava proprio dove gli mancavano le due dita lì, il braccio ciondolante gli continuava a cambiare il timer) non venne perfettamente a capo dei suoi ordigni; il pur determinato colonnello, in quei pochi minuti di tempo riuscì a collegare solo metà della carica, poi la ficcò in una borsa che, entrando guercio e trafelato nella stanza dove Hitler ormai spazientito stava iniziando la riunione senza di lui, dispose finalmente giusto tra i piedi del Führer.  Troppo tra i piedi, tanto che la borsa con l’esplosivo gli fu rapidamente tolta dai piedi da un solerte attendente.  L’esplosione che ne seguì ebbe buon esito solo per organizzare l’ormai consueto ammazzamento del cospiratore, dei suoi complici e la deportazione di tutti i componenti le loro famiglie.

Stauf

Chissà se Hitler ha mai sorriso

L’avvocato Hans von Dohnanyi, in forza al Ministero della Giustizia, era un antinazista particolarmente testone; malgrado le notevoli possibilità di carriera che si sarebbero a lui aperte solo fosse stato meno schizzinoso, egli seguitava a complottare di qua e di là contro il Regime. Fu quando partecipò all’organizzazione dell’attentato di Von Stauffemberg e contemporaneamente mise anche in piedi una storiaccia con l’Ufficio per gli Affari Esteri allo scopo di far fuggire in Svizzera gli ebrei berlinesi perseguitati, che il Regime si stancò di lui. E lo attaccò ad un trave per mezzo di corda insaponata. Quand’è troppo, è troppo.

Dohnanyi

A mio avviso, si vede che è tosto

Ernst Thälmann, operaio, negli anni trenta capo del Partito Comunista Tedesco, all’avvento del Nazismo viene incarcerato e lungamente torturato; indefesso nelle sue convinzioni libertarie, niente: non vuole abiurare (Galileo è stato molto meno strenuo) e allora, se l’è proprio cercata: nel lager di Buchenwald, un colpo alla nuca e via.

Thal

Un altro eroe bonario, o un uomo normale che ha dovuto essere eroe

August Landmesser, operaio, per riuscire a trovare lavoro si iscrisse perfino al Partito Nazionalsocialista, ma poi il suo buongusto ebbe il sopravvento: antipatizzò il Regime e sposò una donna nientemeno che ebrea. Accusato di “disonorare la razza”, venne mandato ai lavori forzati (intanto la moglie fu fatta fuori in quattro e quattr’otto) e poi spedito al fronte in un battaglione punitivo di prima linea, dove durò lo spazio d’un momento. Il suo matrimonio interrazziale non fu registrato ed i figli nati da esso, miracolosamente scampati agli idrofobi, attesero fino al 1951 per sapere ch’eran figli di chi. Una prece davvero per tutti.

Landmesser

Lui ci ha provato, ad avere una vita normale

Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano convinto pacifista, cospirò pur’egli cercando di gettare Hitler al tappeto; con un continuo lavorìo d’interdizione, il pastore-guerriero sacrificò perfino la sua ideologia non-violenta alla Causa. Disgraziatamente, non ebbe modo – come tutti i suoi compagni – di sferrare il colpo fatale ed invece subì il contraccolpo della Bestia, ritrovandosi a dondolare dalla forca del campo di Flossembürg proprio un attimo prima della fine della guerra. Quando si dice: chi la fa l’aspetti.

Bonhoeffer

Se non sei torvo e tirato, come puoi essere fascista?

 

Marlene Dietrich, famosa attrice tra le due guerre (“tutte le sere / sotto quel fanal…”) fu stomacata dal nazismo tanto da tentare di assassinare il Führer. Facendo leva sul proprio fascino maliardo, Marlene provò ad ottenere un appuntamento con Hitler facendo intendere di esserne molto affascinata; l’attrice aveva progettato di sedurlo e quindi ucciderlo con uno spillone che teneva celato tra le chiome. Purtroppo Hitler aveva tra i suoi tanti difetti quello di non essere particolarmente attratto dalle donne ed il piano della coraggiosa partigiana sfumò miseramente. Lei allora si dimise da tedesca e raggiunse gli Stati Uniti dove fece gran proselitismo antinazista. Al termine della guerra provò a rientrare in Patria, ma la Germania denazistificata non le perdonò il suo antinazismo, non strano a credersi per chi conosce la Germania. Disgustata, la Dietrich tornò nel mondo civile, giustamente ben accolta.

 marlene dietrich

Grazie, bella donna; io ci sarei cascato.

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Non sono tutti qui, gli Altri dal Nazismo: circa un milione di cittadini tedeschi subirono la deportazione nei campi di prigionia o furono torturati ed uccisi in quegli anni; la ragione di questo è che si opponevano, in vario modo, al Regime. Il Nazismo non tollerò mai alcuna opposizione e reagì sempre con la massima violenza contro qualsiasi azione percepita come contrasto. Ad onor del vero, comunque, la violenza dello Stato tedesco contro gli oppositori non iniziò e non finì con il Nazismo: basti ricordare che ne fu, nel 1919 durante un Governo socialdemocratico, di Rosa Luxembourg* e Karl Liebknecht e, nel 1976-77 durante un Governo democristiano-socialdemocratico, di Andreas Baader ed Ulrike Meinhof.  Ma queste sono forse altre storie.  O almeno vorremmo crederlo.

* Sulla storia di “Die Rote Fahne” e del movimento di Rosa Luxembourg, consiglio: Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920, di Paul Frölich ed altri, edizione Pantarei; un libro molto documentato fattomi conoscere da un distintissimo e ferocissimo giovane di “Lotta Comunista” che tentava così un proselitismo porta a porta. Le discussioni tra lui, sbarbato a sangue, pettinato, elegante in giacca, cravatta ed occhiali da intellettuale, pieno di Verità Rivelate e me, barba di tre giorni, maglione a cencio, scettico anarcoide più comunitario che comunista, sono un ricordo piacevolissimo tra i miei. Lo scambio di quei giorni che rammento più volentieri:
– Lui: –
 vieni a parlare un po’ nella nostra sede, qualche volta
– Io (motteggiando): – ah, sarebbe interessante; ma poi mi permetterete di tornare a casa?
– Lui (serissimo, guardandomi come Beria): – per ora, sì.