Chirurghi


Vengono quei momenti, e sono rari tanto da non darci di essi l’abitudine, vengono i tempi dello straniamento, e del fuori-terra che hanno natura di un risveglio da ammalati. Quando d’una situazione pensavamo di conoscere e di sapere i connotati, di averla nostra, di famiglia. È il rischio che concediamo al fuori, quello di entrare; quando apriamo la porta.
E il mondo, là fuori, può entrare. Tutti noi abbiamo un interno, è per questo che siamo costruiti come strati sovrapposti; il nostro cuore, i polmoni coi quali respiriamo son racchiusi in una gabbia di colonne, e poi coperti dai muscoli, e questi da tutti i tegumenti che terminano con un vestito di pelle; tutto quel che ci fa vivere è protetto da cortine di cortine; svestirsi, è complesso, e così è la nostra mente.
E allora, siam difesi, e ciò significa che la difesa è cosa giusta, e tuttavia c’è un “ma”.
Perché se per aiutare un cuore malato nel suo compito bisogna raggiungerlo abbattendone le protezioni con violenza amorevole, e fermarlo come per ucciderlo, e poi tagliarlo, e più e più volte ferirlo, ciò significa che pure la nostra mente, per ricevere beneficio, talvolta va invasa.
Il beneficio. Cos’è. È un modo di rapporto. E solo l’intenzione insieme alla conoscenza rende quel rapporto un beneficio e non un danno; noi confidiamo nell’uomo armato e mascherato che ci lega ad una tavola dura relegata nella penombra di una stanza spaventosa perché quell’uomo è un chirurgo, ed è lì per aiutarci, perché lui conosce il problema che ci rende inadatti alla vita, e vuole darci vita. A lui ci affidiamo sapendo che quella specie di morte d’incubo che ci attende quando perdiamo i sensi sapendo che verremo fatti a pezzi è invece il modo per vivere meglio quando ci sveglieremo, perché sappiamo che, col suo aiuto, ci sveglieremo, e poi sarà tutto bello.
La natura è sempre la stessa ed allora anche la mente deve essere così. E quando essa viene invasa da un modo di rapporto, confidiamo che quello straniamento sia non l’incauto, imprudente essersi fidati d’uno sconosciuto, ma l’averne vista l’intenzione di farci vivere meglio. L’uomo armato e mascherato che pare sorridere brandendo un coltello mentre siamo legati e perdiamo i sensi, è un chirurgo, lo sappiamo.
Lo sappiamo.
Lo sappiamo? E come?
Qui c’è la differenza tra il mondo fisico e quello della mente, delle emozioni: se il primo è soggetto ad un controllo plurimo così da fornirci la sicurezza che altri abbiano già valutato l’intenzione e la competenza di quel tale, nel mondo della mente non è così.
E quando apriamo la porta al fuori, e su quella tavola dura ci affidiamo, solo noi possiamo valutare intenzione e competenza della figura che si avvicina armata di grazia e di coltello.

Talvolta, ci si sveglia senza un rene, e col messaggio sullo specchio: il disegno a rossetto d’un occhio che si strizza e dice “grazie”.